LA SINDROME DI ASPERGER
Sebbene dall’esame di pubblicazioni internazionali dell’ultimo secolo si sia scoperto che è stata una neurologa russa, Ewa Ssucharewa, nel 1926, a scrivere il primo resoconto del profilo di abilità che oggi chiamiamo Sindrome di Asperger, il nome è stato dato come tributo alle osservazioni dettagliate e perspicaci di Hans Asperger, medico pediatra austriaco (Vienna, 18 febbraio 1906 – Vienna, 21 ottobre 1980), che riconobbe anche che il profilo è parte di ciò che ora chiamiamo spettro dei disturbi autistici, piuttosto che della schizofrenia (Asperger, 1952).
In una conferenza del 1977 Hans Asperger riferì come le conoscenze cliniche e teoriche degli anni ’30 non riuscivano a spiegare le particolari caratteristiche di un piccolo gruppo di bambini da lui osservati e come non esistessero descrizioni o diagnosi esistenti che potessero descrivere le loro caratteristiche: questi bambini mostravano delle peculiarità nella personalità e delle problematiche nell’interazione con gli altri.
Asperger scrisse nei primi anni ’40 le prime dettagliate descrizioni, poi tradotte in inglese da Utah Frith nel 1981. Asperger descrisse compromissioni nella comunicazione verbale e non verbale, con caratteristiche specifiche negli aspetti pragmatici del linguaggio (cioè nell’uso sociale del linguaggio), in particolare nelle abilità conversazionali: una prosodia inusuale nella parlata, il linguaggio pedante. Notò una immaturità nell’empatia e una difficoltà nella gestione delle emozioni e anche una tendenza a razionalizzare i sentimenti, una comprensione sociale limitata, una preoccupazione per un interesse o una argomento specifico che dominava i pensieri di questi bambini e un bisogno di maggior assistenza in alcuni compiti di autonomia, oltre a una estrema sensibilità di alcuni bambini a suoni o gusti particolari e una goffaggine nell’andatura e nella coordinazione motoria. Tutto questo non spiegabile considerando le capacità intellettive di questi bambini.
Lorna Wing, una famosa psichiatra inglese, in un suo articolo, pubblicato nel 1981, descrisse 34 casi, di età compresa fra i 5 ed i 35 anni, che presentavano dei profili affini a quelli descritti da Hans Asperger, e usò per la prima volta l’eponimo “Sindrome di Asperger” per designare una nuova categoria diagnostica all’interno dei disturbi dello spettro autistico.
Nel 1988 a Londra si tenne la prima e piccola conferenza internazionale sulla Sindrome di Asperger e iniziò l’esplorazione e lo studio di questa nuova area dei disturbi dello spettro autistico. Solo quando nel 1993 L’OMS pubblicò l’ICD-10 (la decima edizione della Classificazione Internazionale delle Malattie), e l’Associazione Americana di Psichiatria nel 1994 il DSM IV (la quarta edizione del Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali) per la prima volta due sistemi diagnostici inclusero la Sindrome di Asperger, o più precisamente il Disturbo di Asperger, nell’insieme dei Disturbi Pervasivi dello Sviluppo (American Psychiatric Association, 1994; World Health Organization, 1993).
Con il DSM-5, pubblicato nel 2013, e l’ICD-11, presentato nel maggio 2019, si è passati da un approccio categoriale a una visione dimensionale dello spettro autistico , affermando che i disturbi dello spettro autistico si posizionano lungo uno “spettro”, che va dalla grave compromissione nelle caratteristiche cardine dell’autismo e prosegue lungo un continuum dimensionale che porta a forme molto lievi all’estremità opposta. La sindrome di Asperger si colloca all’estremità dello spettro, come forma lieve. Le persone Asperger nell’ambito dello spettro sono persone che non presentano compromissioni nelle abilità cognitive e linguistiche (pur ovviamente avendo delle compromissioni e peculiarità nell’uso sociale del linguaggio), anzi sono superiori alla media. L’approccio dimensionale ci dice quindi che ci sono diverse forme di autismo, quindi diversi Autismi, e apre inoltre a una visione di continuità delle caratteristiche tra la popolazione generale e la popolazione autistica. Questo significa che “tratti autistici” sono distribuiti uniformemente in tutte le persone, anche se non sono autistiche.
Con gli attuali sistemi diagnostici di riferimento non si potrà più formalizzare una diagnosi di sindrome di Asperger, anche se il termine Asperger mantiene e ha una validità e continuerà ad essere usato, avendo un significato identitario per queste persone: identifica un modo di essere, una “cultura” di appartenenza.
La Sindrome di Asperger è una condizione neurobiologica, espressione di una NEURODIVERSITÀ, che determina particolarità comportamentali, cognitive, affettive, sensoriali. Non è una patologia.
Clare Sainsbury, adulta asperger, afferma: “i problemi emergono non tanto dalla sindrome di Asperger in sé, quanto piuttosto da un ambiente sociale che è non progettato per le persone con sindrome di Asperger, ma per persone che hanno delle percezioni del mondo e uno stile di pensiero molto diversi dai nostri”. (Clare Sainsbury, “Un´aliena nel cortile” , Uovonero Edizioni).
Le persone Asperger hanno difficoltà nel comprendere e muoversi naturalmente in ambito sociale: difficoltà nella comprensione delle situazioni sociali, nello sviluppare, mantenere e comprendere le relazioni, hanno difficoltà nelle abilità dei comportamenti comunicativi non-verbali (gestualità, espressioni del viso, postura etc….), difficoltà nella reciprocità emotiva. Hanno comportamenti e/o interessi e/o attività ristrette, vulnerabilità emotiva e difficoltà di gestione delle emozioni, peculiarità neurosensoriali, cioè i sensi rispondono in maniera diversa agli stimoli.
L’espressività clinica, cioè le manifestazioni di questa neurodiversità, possono essere molteplici e diverse a seconda del soggetto e del suo temperamento. Non esiste una persona Asperger (o autistica) che è uguale all’altra.
Se conosci una persona Asperger (o con autismo) hai conosciuto quella persona!
La sindrome di Asperger passa inosservata per diverso tempo, anche dopo che il bambino ha fatto il suo ingresso alla scuola elementare e le maggiori richieste mettono in luce le sue difficoltà sul piano delle competenze relazionali, della socializzazione e della comunicazione. Molto spesso purtroppo queste difficoltà sono più sfumate e/o ricevono una lettura diversa ed erronea e la diagnosi arriva più tardi, anche in età adolescenziale, o addirittura in età adulta. L’espressività clinica, cioè le manifestazioni di questa sindrome, possono essere molteplici e diverse a seconda del soggetto e del suo temperamento. Contrariamente a quanto succede nell’autismo, i bambini con un funzionamento asperger non manifestano ritardo nello sviluppo del linguaggio e anche le difficoltà nelle interazioni sociali sono meno accentuate. Spesso possiedono abilità linguistiche e cognitive superiori alla media, e comunque nella norma. Non di rado, i bambini e i ragazzi Asperger, agli occhi di un osservatore inesperto o anche di un parente stretto, sembrano assolutamente “normali”, solo con una personalità un po’ diversa da quella dei coetanei, più timidi o semplicemente con interessi diversi. Nella stragrande maggioranza dei casi i bambini e ragazzi e giovani adulti con questo funzionamento vogliono avere relazioni e amicizie con i coetanei, hanno un forte desiderio di socialità, sono molto socievoli, ma poco sociali, nel senso che spesso non sanno come fare a iniziare le relazioni e poi a mantenerle oppure mostrano modalità bizzarre nella loro iniziativa. Spesso i rapporti sono così labili che tendono a interrompersi precocemente. Mostrano meno interesse verso ciò che piace ai coetanei, meno disponibilità a fare giochi o attività che non scelgono loro, possono mostrare una ridotta empatia verso gli altri e possono alcuni di loro essere percepiti come un po’ particolari o strani e per questo possono venire spesso isolati. Faticano a dare sempre una lettura completa e/o corretta delle situazioni sociali in cui si trovano , sia come attori sia come osservatori, a comprendere le regole non scritte del vivere in un contesto sociale (il cosiddetto “hidden curriculum”) e quindi possono manifestare comportamenti socialmente non corretti, disfunzionali o inadeguati. Sul versante comunicativo fanno fatica nella conversazione sociale, tendono a parlare di argomenti di loro interesse (in cui raggiungono anche una notevole competenza nozionistica), hanno difficoltà nelle regole dialogiche, nella reciprocità conversazionale, faticano a leggere i messaggi non verbali dell’interlocutore e a modulare il loro comportamento comunicativo di conseguenza; faticano a comprendere la pragmatica linguistica (tendono a prendere le cose in senso letterale). Faticano ad assumere la prospettiva altrui, tendono ad avere un pensiero rigido, “bianco/nero”, razionale, tendono a essere pessimisti, critici, ipersensibili ai giudizi, alle critiche. Hanno difficoltà nel controllo delle proprie emozioni, soprattutto quando sono negative ma non solo, hanno una vulnerabilità emotiva che li porta a volte a manifestare dei comportamenti anche esplosivi in seguito a frustrazioni. Hanno interessi speciali che possono anche essere molto particolari e strani per la loro età (anche se in questi anni l’interesse così frequentemente presente nei bambini e ragazzi per i videogiochi non li diversifica dai coetanei), e questi interessi non sono semplicemente un hobby o un passatempo, ma sono molto intensi e possono arrivare ad essere quasi un’ossessione e diventano quindi molto competenti. Possono avere peculiarità di tipo neurosensoriale – sensibilità a suoni, sapori e consistenze specifiche o sensibilità tattili – (iper-, ipo sensibilità; risposte anomale a stimoli sensoriali ecc….).
Theo Peeters, neurolinguista belga, uno dei massimi esperti nei disturbi dello spettro autistico, affermava: “….bisogna assolutamente tenere in considerazione il fatto che l’intelligenza non ci dice niente rispetto alle capacità sociali degli aspie. Ciò non vuol dire che siano persone “non sociali” o “asociali”, anzi spesso è presente un forte desiderio di entrare in contatto con gli altri. Ma esse sono affette da una sorta di “cecità sociale”, ovvero da una limitata capacità di cogliere i “significati sociali”.
Le femmine Asperger sono meno “visibili” perché possiedono un range di comportamenti da camuffamento. Le ragazze sono più spesso incoraggiate nel comportarsi bene e più socialmente sensibili, hanno una maggiore consapevolezza dell’importanza delle regole sociali e la conformità a esse. Per far ciò realizzano molto precocemente di aver bisogno di imparare a imitare i comportamenti attesi, imparano a recitare un ruolo, manifestano dei comportamenti sociali adeguati in modo non naturale e spontaneo, ma appreso e ogni volta pensato a prezzo di un forte dispendio energetico e stress. Questo però non significa anche che riescano a costruire relazioni sociali adeguate o che non vengano considerate “diverse” dagli altri.
Come afferma la dr.ssa Francesca Happé, direttore del MRC Center al King College di Londra: “Senza i loro self-report che ti dicono quanto sia stressante mantenere le apparenze, non lo potresti capire veramente …… il comportamento di superficie non è molto utile per una diagnosi, almeno per un certo insieme di donne”.
In alcune persone le difficoltà possono diventare più pronunciate nell’età adulta quando aumentano le esigenze di autonomia e quando le abilità sociali risultano fondamentali per una realizzazione personale, accademica e professionale. Allo stesso tempo diversi studi longitudinali e trasversali suggeriscono una tendenza alla riduzione generale dei sintomi in adolescenza e in età adulta. Molti adulti sono passati attraverso l’infanzia e l’adolescenza senza ricevere una diagnosi di sindrome di Asperger e ora sempre più spesso ci confrontiamo con questo quesito diagnostico a cui rispondere. C’è da sottolineare come molte persone che presentano superficialmente delle caratteristiche sfumate continuano a non essere diagnosticate, soprattutto se la valutazione si basa esclusivamente o prevalentemente su ciò che si osserva nel rapporto uno a uno. Si ritiene che attualmente vengano riconosciuti e diagnosticati circa il 50% dei soggetti Asperger.
E’ importante il riconoscimento di un funzionamento Asperger non solo in età infantile e adolescenziale, ma anche in età adulta. Prima di tutto per il riconoscimento delle difficoltà che la persona Asperger può avere nella gestione di alcune esperienze della vita quotidiana (e che addirittura le altre persone, non Asperger, non trovano problematiche ma addirittura piacevoli), il riconoscimento della sensazione di confusione e sfinimento nelle situazioni sociali, per un cambiamento positivo nell’aspettativa delle altre persone (incoraggiamento piuttosto che critiche riguardo le sue competenze sociali) , soprattutto la persona non si sentirà più stupida, pazza, malata o difettosa e potrà accedere a una maggiore comprensione di se stessa, a una migliore capacità decisionale nella scelta del lavoro, delle amicizie e dei rapporti interpersonali e a una perorazione della propria causa (self-advocacy) con la possibilità di accedere a supporto per il proseguimento degli studi o per l’impiego.
Per quanto riguarda i dati di prevalenza sulla popolazione autistica in generale, secondo i dati diffusi il 27 aprile 2018, raccolti dall´Autism and Developmental Disabilities Monitoring Network (ADDM) del CDC, Centri per il Controllo delle Malattie e la Prevenzione USA , di una indagine eseguita nel 2014 sulla prevalenza dell’autismo fra i bambini di 8 anni negli Stati Uniti, 1 bambino su 59 (1,68%, quindi 16, 8 bambini su mille), ha una diagnosi di Spettro Autistico. Qui la prevalenza dell’autismo è passata dallo 0,75% nel 2000 all’1,5% nel 2010, dato confermato nel 2012 all’1,68% del 2014.
(Articolo originale: Prevalence and Characteristics of Autism Spectrum Disorder Among Children Aged 8 Years — Autism and Developmental Disabilities Monitoring Network, 11 Sites, United States, 2014)
Questo aumento è legato ad un maggior riconoscimento delle femmine, dei casi più lievi e delle persone provenienti da minoranze (afro-americani, latino-americani).
Tra i bambini il 44% ha un quoziente di intelligenza (QI) nella norma o superiore (QI>85), (e ricordiamo che le persone con funzionamento asperger hanno una intelligenza in norma), e il 25% ha un QI borderline (70-85). Meno di un terzo dei bambini ha una disabilità intellettiva.
I maschi sono stati identificati 4 volte più spesso delle femmine aventi un disturbo dello spettro autistico , ma questo probabilmente perché le femmine, nella parte più lieve dello spettro, Asperger, si “mascherano”, si camuffano, hanno una notevole capacitá di imparare un numero di regole sufficienti per camuffare le proprie caratteristiche, sono molto più difficili da identificare.
In Italia, secondo i dati dell’Osservatorio Nazionale per il monitoraggio dei disturbi dello spettro autistico, la prevalenza è di circa un bambino su 77, dunque più di una persona su 100, con i maschi colpiti più di 4 volte in più delle femmine.
Dottoressa Cristina Motta
Facciamo un po’ chiarezza sulle codifiche diagnostiche per la sindrome di Asperger secondo i due sistemi di classificazione diagnostica di riferimento per gli specialisti: DSM (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders), dell’APA – Associazione Psichiatrica Americana, e ICD (International Classification of Diseases), del OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità.
Il DSM – 5 (quinta edizione) è stato ufficialmente rilasciato il 22 maggio 2013. Fino ad allora la sindrome di Asperger era considerate collegata ma distinta rispetto all’autismo- Il DSM-5 contiene una codifica diagnostica che rimpiazza sia la vecchia codifica Disturbo autistico che sindrome di Asperger. Ora la diagnosi nel DSM-5 è: Disturbo dello Spettro dell’Autismo. Si è passati da un approccio categoriale (cioè dare distinti nomi a sottotipi: Disturbo autistico, Disturbo di Asperger, Disturbo disintegrativo della fanciullezza, Disturbo di Rett, Disturbo generalizzato dello sviluppo non altrimenti specificato) a una visione dimensionale dello spettro. L’idea è che tutte le condizioni dello spettro dell’autismo siano definite da alcuni specifici e inusuali comportamenti e tratti caratteristici. Si basa sull’idea che persone che condividono le stesse caratteristiche di base, centrali, non debbano essere suddivise in gruppi differenti in base a caratteristiche che non siano essenziali alla definizione di Spettro autistico, come il loro QI o se abbiano avuto uno sviluppo del linguaggio in norma. Queste caratteristiche non essenziali, vengono descritte come “specificatori clinici” per aiutare il clinico a descrivere la condizione della persona e la sua capacità di funzionare.
Per cui ora un clinico fa una diagnosi secondo il DSM -5 di :
Disturbo dello Spettro dell’ Autismo – senza compromissione intellettiva associata e senza compromissione del linguaggio associata (come specificatori clinici) – livello 1 ( che corrisponde al livello di gravità lieve del disturbo dello spettro dell’autismo, cioè “è necessario supporto”, i livelli 2 e 3 identifucano persone che hanno bisogno di un supporto maggiormente significativo) – (299.00; F84.0)
ICD-11
L’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) ha pubblicato la sua nuova Classificazione Internazionale delle Malattie (ICD-11)che è stata presentata all’Assemblea mondiale della sanità il 19 maggio 2019 per l’adozione da parte degli Stati membri ed entrerà in vigore il 1 ° gennaio 2022. L’Oms precisa che questa versione “è un’anteprima anticipata che consentirà ai paesi di pianificare come usare la nuova versione, preparare traduzioni e formare professionisti della salute in tutto il paese”.
L’ICD-11 è più in linea con il DSM-5; intendo dire che anche qui vi è una unica categoria diagnostica che è Disturbo dello Spettro dell’Autismo.
Ci sono poi diversi sottotipi del Disturbo dello Spettro dell’Autismo.
La codifica diagnostica per una persona diagnosticata precedentemente come sindrome di Asperger sarà:
codice 6A02.0 : Disturbo dello spettro dell’Autismo senza un disturbo dello sviluppo intellettivo e con lieve o nessun deficit nell’uso funzionale del linguaggio (“Autism spectrum disorder without disorder of intellectual development and with mild or no impairment of functional language”)
Questo codice 6A02.0 verrà utilizzato per Asperger/alto funzionamento. I sottotipi sono in totale 6.
C’è da dire che nell’ICD-11 la Sindrome di Asperger rimane solo come “index-term”, cioé nell’indice come rimando alla nuova codifica.
Ma allora l’Asperger è sparito? Si può fare diagnosi di Asperger?
Come molti specialisti del campo, io sono convinta che il termine Asperger continuerà a esistere, continuerà ad essere usato, e io personalmente continuo ad usarlo.
Fortunatamente la perdita di un significato scientifico non equivale alla perdita dell’intero significato di questo termine. Tale termine semplicemente non è una diagnosi medica.
E io come specialista, e tutti gli specialisti, se devo codificare una diagnosi devo utilizzare i sistemi diagnostici di riferimento che sono l’espressione delle nuove acquisizioni scientifiche.
Ma come specialista ritengo importante che il termine Asperger continui ad essere utilizzato. Personalmente, dopo la codifica da DSM 5 (in attesa di usare ICD 11) segnalo sempre tra parentesi : Sindrome di Asperger. E’ una mia scelta perché ritengo che questo termine identifichi una cultura, un modo di essere identitario. Offre anche semplicità, maggiore comprensione. Immaginate usare tutta la sfilza di parole per la codifica diagnostica: disturbo dello spettro dell’autismo in assenza di compromissione intellettiva e in assenza di compromissione linguistica – livello 1 !!!!!
Asperger, Aspie…. Sono termini immediati, pratici non solo nella vita di una persona ma anche a livello clinico. Questo non significa che la sindrome di Asperger non sia un disturbo dello spettro autistico.
Inoltre, ci sono alcune persone asperger che vogliono mantenere questo termine perché desiderano avere una identità separata dall’autismo. Alcuni pensano che l’etichetta di autismo possa incoraggiare la discriminazione e invece pensano che le persone definite Asperger vengano percepite come persone intelligenti, con un livello di intelligenza pienamente nella norma o superiore. E non hanno tutti i torti !
Dr.ssa Cristina Motta
Sindrome di Asperger: l’evoluzione di un inquadramento diagnostico
Aurora Bellucci
Dall’uscita nel 2013 della nuova versione del manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, è sorto un ampio dibattito sulla decisione di eliminare la sindrome di Asperger come categoria diagnostica.
Personalmente, sono d’accordo con questa scelta dell’APA, in quanto è importante, in clinica, utilizzare un linguaggio comune, andrebbe però fatto un distinguo tra categoria diagnostica e specificatore.
Il DSM 5 è semplicemente passato da un approccio categoriale ad uno dimensionale. Questo significa che tutte le condizioni dello spettro dell’autismo confluiscono sotto un’unica categoria diagnostica con vari livelli gravità (definiti in base alla necessità di sostegno).
Ciò non significa che la “Sindrome di Asperger” non esista più, anzi, in molte diagnosi, oltre alla definizione diagnostica, il fenotipo Asperger è inserito ugualmente come specificatore.
Cos’è uno specificatore?
Il DSM-5 ha introdotto gli “specificatori” con i quali il clinico può personalizzare la diagnosi all’interno dell’etichetta di spettro autistico e quindi chiarificare le varie modalità con cui lo spettro si esprime in quella specifica persona, rintracciando sottogruppi più consistenti dal punto di vista sia neurobiologico che neuropsicologico. Quindi, in accordo con il DSM 5 è possibile porre diagnosi di “Disturbo dello spettro autistico liv. X” con specificatore “Fenotipo Asperger”.
Quindi, l’eliminazione dell’etichetta diagnostica Sindrome di Asperger non c’entra con l’effettiva esistenza di diversi autismi di cui sempre più si sentirà parlare, l’obiettivo di questa scelta è più che altro creare meno confusione nell’ambito della ricerca scientifica e facilitare l’accesso ai servizi.
Esiste una differenza effettiva e dimostrata tra Sindrome di Asperger e altre forme di autismo a livello genetico?
La differenza genetica tra i diversi autismi è dimostrata.
In un articolo pubblicato nel febbraio del 2019 su Nature Genetics (Psychiat Genomics Consortium ; BUPGEN ; 23andMe Res Team. / Identification of common genetic risk variants for autism spectrum disorder. In: Nature Genetics. 2019 ; Vol. 51, No. 3. pp. 431-444 https://www.nature.com/articles/s41588-019-0344-8) viene analizzato il DNA di un ampio campione di persone autistiche (più di 18000) oltre a quello di poco meno di 30000 persone tipiche.
In questo studio viene identificato un differente modello genetico che distingue le persone Asperger dalle persone con autismo classico.
In questo studio, è stato verificato se diversi tipi di autismo (Autismo infantile, Sindrome di Asperger, autismo atipico e altri disturbi pervasivi dello sviluppo come da classificazione ICD10) avessero una base genetica e un’ereditarietà differente.
Dallo studio emerge che:
- La sindrome di Asperger è due volte più ereditabile rispetto ad altre forme di autismo;
- L’ereditarietà dello spettro autistico senza disabilità intellettiva è tre volte maggiore rispetto all’autismo con disabilità intellettiva;
- Le sottocategorie autistiche hanno differenze genetiche effettive;
- La Sindrome di Asperger e l’autismo classico sono geneticamente differenti;
- Esistono collegamenti genetici tra spettro autistico ed altre condizioni (depressione, ADHD, schizofrenia ecc…);